Cambiare

Sì, abbiamo ragione a schifarci del video di Grillo. Per le parole, il modo e anche la superficialità
È un padre che se condannano il proprio figlio dovrà fare i conti con se stesso, prima che con la legge. 
Perché, se tutto venisse confermato, sarà un padre che non ha insegnato abbastanza i concetti di rispetto, del senso del limite e della differenza
Non riesco ancora a rassegnarmi a chi urla questa inaccettabile cantilena sulle vittime, che denunciano troppo tardi o troppo presto, di quelle che non appaiono abbastanza scosse o troppo, di quelle che sapevano a cosa andavano incontro e quindi recitano, di quelle che non hanno una buona fama o di quelle che ce l’hanno troppo buona e quindi è falsa.
Mi continuo d’altronde a stupire del fatto che ci accorgiamo di tutto questo quando c’è qualcuno che urla questa triste realtà. Quando non possiamo fare a meno di ascoltarla, fra commenti e opinioni spesso di bassa lega.
L’occhio sulla vittima, sempre.
Grillo ha fatto un video sottolineando che il giorno dopo la ragazza che ha denunciato i quattro giovani, tra cui il figlio, con l’accusa di violenza di gruppo, sia andata a fare kite surf. Quindi questo “minimizzava” il concetto di violenza.
Abbiamo avuto una nota carica istituzionale che riceveva minorenni nella sua villa per fare festini. Si è parlato (o meglio, straparlato) di “carne fresca” a disposizione di maschi facoltosi che pagavano profumatamente le ragazze. Eppure se si tratta di minorenni, si tratta di violenza.
Abbiamo assistito alle testimonianze contro Weinstein, accuse che hanno generato il movimento femminista metoo, scartando però le vittime che poco rappresentavano la parola violenza ai nostri occhi.

Non può reggere. Non possiamo più continuare, alla luce di una violenza denunciata, a guardare con sospetto la vittima cercando di rintracciare l’alibi di chi l’ha agita. Non possiamo standardizzare comportamenti legati ad una reazione personale.

Se va a fare kite surf allora che violenza è?, se viene pagata anche se è minorenne non possiamo dire che è violenza e se entra in camera di un uomo potente cosa pensava di fare?…

Invece di standardizzare la vittima, cercando un comune denominatore alla reazione, cominciamo a delineare meglio cosa significa agire violenza: se quello che è stato agito è stato fatto nel rispetto della persona, dell’età, dell’esercizio del potere, dell’etica.
 
Una volta fatto questo scopriremo che quello che ha fatto la vittima il giorno dopo, se ha ricevuto dei soldi o se abbia avuto altre relazioni ci interesserà sempre meno, perché stiamo imparando a chiamare la violenza con il suo nome, guardandola in faccia e scoprendo finalmente che la vittima la violenza la subisce, non la provoca.
 

Abbiamo bisogno di cambiare per poter creare una società migliore, magari non del tutto scevra dalla violenza, ma almeno che sia in grado di riconoscerla.

Margherita Lunati

Donne e STE(A)M

La matematica e le materie scientifiche non mi sono mai piaciute. Sono stata “iniziata” fin da piccola alla lettura e alla scrittura, mi sono appassionata di arte, storia, latino. Nessuno nella mia famiglia, tranne forse mio padre, ha mai capito molto bene le regole della matematica né lo ha mai voluto particolarmente.

Mia figlia ha quasi 4 anni, le piacciono molto i libri illustrati e gli animali, ha una grandissima fantasia, inventa storie mirabolanti, personaggi curiosi e linguaggi a me incomprensibili. Sto cercando di farle vedere un po’ di tutto, tra cartoni, libri e il mondo reale (pandemia a parte, purtroppo). Le ho preso dei libri che parlano di scienza, ovviamente adeguati alla sua età: si è incuriosita, mi chiede del corpo umano, di come siamo fattǝ, vuole fare degli esperimenti con piccole cose che abbiamo in casa. Io all’inizio mi sforzavo (lo facevo per lei e basta) perché lo pensavo un ambito privo di grandi attrattive per me, ma in realtà mi sono incuriosita: alla fine capire un po’ di “come” e di “perché” di quella che è la nostra quotidianità è stimolante. Tutto ciò a riprova (se mai ce ne fosse bisogno) di quanto il contesto sociale e culturale in cui nasci e cresci ti possa influenzare e influenzi le tue scelte di vita e financo le tue passioni. Ritorno alla mia affermazione iniziale: le materie scientifiche non mi sono mai piaciute o non mi sono piaciute perché nessuno me le ha mai presentate in modo da suscitare il mio interesse (come è stato con la lettura e la scrittura) e perché mi sono appassionata ad altre cose che mi è capitato di incontrare prima?

In un mondo ideale, vorrei che mia figlia potesse scegliere libera da condizionamenti. Quelli che le possiamo, anche se involontariamente, imporre io o altri in famiglia, quelli che le imporrà la società con cui verrà a contatto (persone, ambienti, …). Alla fine spero che faccia quello che le piace davvero. E mi auguro che mai pensi di essere meno brillante o intelligente di un suo coetaneo maschio (uno studio del 2017 ha rilevato che bimbe dai 6/7 anni fanno fatica ad attribuire al loro stesso genere caratteristiche come l’essere brillante, mentre fino ai 5 anni non si notano differenze tra maschi e femmine).

Al di là delle mie considerazioni personali, comunque è evidente che esista un gender gap rilevante nelle materie STEM (acronimo inglese che indica scienze, tecnologia, ingegneria e matematica).

Nel mondo meno di 4 laureate su 10 nelle materie STEM sono donne (fonte The World Bank). In Italia, solo il 18% delle ragazze segue corsi STEM e le stesse non ottengono i medesimi risultati degli uomini nel mondo del lavoro (fonte Almalaurea). Perché esiste questo divario? Le ragazze sono meno portate per le materie scientifiche oppure preferiscono materie come l’italiano o la storia? Magari dipende da ragioni genetiche di differenze tra uomini e donne?

Photo by Priscilla Du Preez on Unsplash

Anche se in passato la ricerca scientifica ha provato ad argomentare che le donne sono più adatte a prendersi cura della famiglia e sono dotate di più grande empatia, mentre gli uomini eccellono nelle attività che richiedono ragionamento logico e spaziale, in realtà non è affatto così (per chi è interessatǝ, un articolo della Harvard Business Review qui). In realtà, in alcuni paesi il divario non esiste o è a favore delle ragazze (quindi non dipende da fattori genetici) e questo divario è inferiore in quei paesi dove si registra una maggiore uguaglianza di genere.

Inferiori di Angela Saini
Per chi vuole approfondire il tema, consiglio un libro molto interessante, Inferiori di Angela Saini, giornalista scientifica laureata a Oxford. Saini parte dal presupposto che abbiamo fiducia nel fatto che gli scienziati ci forniscano dati oggettivi e che la scienza ci proponga una storia senza pregiudizi. Quando si tratta delle donne, però, in gran parte non è così: le donne sono state poco rappresentate nella scienza perché nel corso della storia sono state considerate inferiori dal punto di vista intellettivo e quindi escluse. Perfino da Darwin, uomo del suo tempo, che riteneva le donne non solo inferiori per natura, ma anche meglio collocate in una vita all’interno delle mura domestiche. Ciò fece giustamente indignare Caroline Kennard, che aveva un ruolo importante nel movimento femminile di Boston e interessata alla scienza. Kennard rispose a Darwin “per favore, fate prima in modo che l’ambiente delle donne sia simile a quello degli uomini e che abbiano le stesse opportunità, e poi potrete giudicare con equità se sono inferiori all’uomo dal punto di vista intellettivo”.

Il libro di Saini è un lavoro basato su prove fondate e mette in discussione l’idea della donna come essere sottomesso, debole e poco incline alla scienza. Un insieme di ricerche scientifiche che afferma l’importanza dell’uguaglianza tra i sessi. Quando si parla di uomini e donne spesso si corre a ricercare differenze, seguendo una logica binaria che però si può rilevare infruttuosa. Perché invece non pensare a un terreno comune per una maggiore vicinanza tra le persone e dunque per una società più equa?

Didattica sperimentale
C’è stato un interessante progetto di didattica sperimentale (se ne dovrebbero sicuramente fare molti di più) in 25 scuole primarie della provincia di Torino, Affrontare il divario di genere in matematica in Piemonte.

La metodologia di insegnamento ha riguardato attività laboratoriali in cui è stata stimolata la discussione, la condivisione di idee e l’interazione, cercando di ridurre la pressione sulla competitività. Questo metodo ha avuto un impatto positivo sul rendimento scolastico in matematica delle bambine, portando a una riduzione del divario di genere tra il 29,5% e il 46,2%, senza determinare cambiamenti nella performance dei bambini. Questo ci dice che le metodologie didattiche utilizzate hanno un ruolo importante nella riduzione del divario di genere in matematica.

Progetti di questo tipo mettono in evidenza come il divario di genere sia molto legato alle pratiche sociali e discorsive che contraddistinguono le culture e che poi anche le Istituzioni applicano. Se insegnanti, famiglie e società continuano a trasmettere stereotipi di genere legati al fatto che le donne non sono portate per le materie scientifiche, le ragazze si sentiranno meno brave e continueranno a essere meno brave in queste materie. 
Gli stereotipi di cui sono portatori gli adulti si riflettono, quindi, sui bambini e sulle bambine.

Formazione
Nella formazione di nuove figure professionali sta emergendo la necessità di promuovere competenze trasversali che riescano a connettere competenze scientifico-tecnologiche a competenze umanistico-relazionali: da qui l’introduzione della A (Arts) nell’acronimo STEM. Secondo l’Osservatorio Competenze digitali 2020 realizzato da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter-Italia, tra i profili professionali emergenti la componente di competenze digitali è del 43%, seguita dalle soft skills (37,8%) e da altre competenze non digitali (19,2%).

E voi, che rapporto avete con il digitale e le materie scientifiche?

Francesca Brunetti

Spunti di aprile…

Ecco che finalmente, dopo un lungo inverno, è arrivata la primavera!!!  La voglia di stare all’aperto, la voglia di sole si fanno sentire, nonostante le restrizioni a causa della pandemia.
Il cambio di stagione però porta con sé, non solo qualche giornata di sole in più, ma anche una serie di piccoli o grandi fastidi legati al nostro stato di salute psicofisico.

Stanchezza, ansia, talvolta insonnia, possono farsi sentire con più decisione. Non è solo un luogo comune questo. La scienza lo dice!

In questo periodo le ore di luce aumentano: ciò porta una maggior produzione di un ormone chiamato “ormone dello stress”, il cortisolo. Questo viene fornito dall’organismo per soddisfare l’aumentato bisogno di energia in seguito alla fine dell’inverno ed al più lungo periodo di luce durante il giorno.

Photo by David Clode on Unsplash

Non solo, le variazioni di temperatura e di luminosità incidono significativamente sulla produzione, da parte dell’organismo, dei livelli di serotonina (altrimenti detta “ormone del buonumore”) e melatonina (ormone cha ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia) che possono influenzare, appunto, il sonno e l’umore, con possibile aumento di insonnia ed irritabilità.

Le “risposte” a questi cambiamenti sono ovviamente molto soggettive. La sintomatologia che ne consegue può risolversi nel giro di qualche settimana, chiaramente se così non fosse è importante consultare un esperto.

In linea generale, ci sono delle sane e poche regole che ci aiutano sicuramente a superare questo passaggio stagionale: avere orari regolari per andare a letto e svegliarsi, seguire un alimentazione sana, fare regolare attività fisica e non dimenticare che la luce emessa da tablet e smartphone (attuali ed utili strumenti del nostro tempo, se usati con buon senso) inibisce la produzione di melatonina, interferendo così con la qualità e la quantità del sonno, soprattutto se usati prima di andare a dormire!

Allora… pensare di addormentarsi con un buon libro??? Non solo è una buona idea, ma alcuni ricercatori (Università del Sussex) hanno dimostrato che leggere un libro circa trenta minuti prima di andare a letto può aiutare il sonno, poiché diminuisce i livelli del “cortisolo”, il famoso ormone dello stress!

A tal proposito, segnaliamo qualche libro per questo inizio di primavera:
Una ragazza inglese di Beatrice Mariani
Un incantevole Aprile di Elisabeth von Arnim

Debora Benini

Che rapporto hai con la scrittura?

Per me il rapporto è sempre stato molto stretto. La scrittura è stata, di volta in volta, un rifugio, una via di fuga, una cura, ma più di tutto un grande piacere. Lego la scrittura all’atto di prendermi del tempo: tempo per me, per quello che desidero, ma soprattutto per quello che mi fa fiorire (come una “camelia”, ça va sans dire).
Tra l’altro io, un po’ per il mio lavoro, un po’ per una grande passione, studio sempre, mi informo, mi documento, leggo moltissimo. E prendo un sacco di appunti: parole scritte che fluiscono dalla mia penna. Perché c’è anche questo aspetto: preferisco di gran lunga scrivere a mano. Mi aiuta a fare ordine dentro di me, a buttare giù meglio i miei pensieri e a comprendere le situazioni.

Ma davvero per tuttǝ è così? Un rapporto così facile, lineare e fruttuoso?

Qualche hanno fa ho partecipato ad una serie di incontri di scrittura espressiva a Bologna, tenuti presso la Biblioteca Italiana delle Donne, “Sulle tracce di Elisabeth Bing”.
Bing inizia la sua carriera di formatrice in un istituto nel sud della Francia, negli anni Settanta, con adolescenti demotivati e privi di interesse per la scrittura. Decide di proporre una metodologia che faccia ri-avvicinare i ragazzi alla scrittura, non più vissuta come un dovere prettamente scolastico e noioso, ma come un atto naturale e piacevole. Quello che lei chiedeva ai ragazzi e alle ragazze era di scrivere della loro esperienza e del mondo, sperimentando diverse forme stilistiche, per trovare quella che meglio si addiceva loro.

Foto di NeONBRAND su Unsplash

I laboratori venivano strutturati secondo una sequenza precisa: lettura di un brano d’autore da parte della conduttrice del gruppo, proposta di scrittura che ogni persona può realizzare liberamente avendo un limite di tempo e di consegna, ascolto degli scritti prodotti. E così via.
Quello che interessa è il grande contatto con la realtà di questa metodologia. Noi concettualizziamo la nostra esperienza esistenziale con le parole. La realtà nominata ha una esistenza diversa, tangibile, palpabile: quello che non viene nominato, di contro, si vede meno. Scrivere ci serve a nominare la realtà, a darle forma, a portarla all’attenzione.

Inoltre scrivere è sempre, a prescindere, un’operazione creativa: incerta, faticosa, concreta. C’è sempre più di un modo per scrivere lo stesso concetto e qualsiasi maniera di raccontare può essere migliorata. Quindi perché non riscoprire una dimensione più giocosa e “leggera” dello scrivere?
Bisogna allenarsi: più si scrive, più si vuole scrivere e più si esercitano le nostre idee.

Come possiamo farlo?

Foto di Hannah Olinger su Unsplash

Da giovedì 8 aprile, per 4 incontri da un’ora e mezzo ciascuno, ci incontriamo su Skype per “La ginnastica delle idee – laboratorio di scrittura ed esperienze”. In un contesto di ascolto e confronto, dove non vengono espressi giudizi di valore, leggiamo testi, facciamo esercizi pratici e condividiamo quanto scritto. Il laboratorio viene condotto dalla persona che sta scrivendo, Francesca Brunetti (trovi qui la mia presentazione).

Lavoriamo sull’impronta laboratoriale data da Elisabeth Bing: stimolo-scrittura-lettura-lavoro sul testo:
– Leggo come conduttrice del gruppo un testo-stimolo ad alta voce
– In un tempo stabilito, ogni persona produce un proprio testo sulla base del modello
– A turno ogni persona legge (se vuole) il proprio brano
– Propongo piccole riflessioni sul testo, ma senza giudizi di contenuto.

La potenza sta nello scambio reciproco e nella costruzione di un percorso che permetta a ogni persona di sperimentarsi e mettersi in gioco, valorizzando la propria soggettività e la propria storia.

Cosa ci portiamo a casa?
– Un metodo per creare e giocare con le parole e per riconquistare una dimensione di piacere e di libertà con la propria scrittura
– La possibilità di sperimentare diverse forme stilistiche per avvicinarsi a quella che meglio esprime la propria esperienza di vita

Il laboratorio ha un contributo di 50 euro comprensivo di tessera associativa.

Ti ho incuriositǝ un po’?
Puoi iscriverti alla mail: centroascoltocamelia@gmail.com